Un’altra
cosa che odio è il modo in cui vieni guardata, o ti senti guardata, quando
entri in un posto nuovo per te. Spero per voi che non vi troviate mai nella mia
situazione, essere in un’aula con di fronte una quindicina di persone che vi
sommergono di domande non è per niente piacevole, specialmente alle otto meno
un quarto di un lunedì mattina. Fortunatamente una ragazza mi prende sotto
braccio e mi dice di andare con lei e di non “cagare” quella massa di “sfigati”
che mi sono ritrovata in classe.
«Mi
chiamo Laura» spiega mentre inizia con me un tour per i corridoi «e a guardarti
bene in faccia mi sembri un po’ sull’agitato!»
Io
confermo senza vergognarmene.
«Stai tranquilla non ti assillerò con le tipiche domande di
tutti i giorni» continua lei «mi dirai tu quello che vuoi e quando lo vorrai,
ok?»
Faccio
sì con la testa e cammino con lei pensando alla bella figura che ho fatto con i
miei futuri compagni e a quella che farò con i miei futuri professori appena
entrerò in ritardo il primo giorno di scuola.
«So
a cosa stai pensando. Non ti preoccupare, la prima è buca. La prof è incinta e
non arriva mai prima della seconda ora. Ti va di bere qualcosa giù al bar?»
Rispondo di sì e cominciamo a scendere le scale.
«Mi
chiamo Claudia» comincio io con una voce molto tremula «non sono di Brescia...»
«Sei
fiorentina!» m’interrompe «L’ho capito dalla tua “C” aspirata.» Continuo a
parlare di me fino all’entrata del bar scolastico nel quale si diffonde un
profumo di brioches che ti apre una vera e propria voragine nello stomaco.
«Mi
fai un cappuccio e... cosa prendi?»
«Anche
per me, grazie» concludo la frase. Ci sediamo ad un tavolo e continuiamo a
parlare.
Una nuova amicizia, un legame molto forte, direi quasi viscerale con una ragazza sua compagna di classe. Laura, una ragazza molto diversa da lei ma altrettanto simile, con un passato difficile e un presente ancora più complicato.